Meloni alla Scala non sbaglia. Le polemiche sul lavoro sacrosante ma fuori luogo - Electomagazine

2022-12-21 15:49:06 By : Ms. Annie Chang

La passerella di Giorgia Meloni e consorte alla prima della Scala ha scatenato polemiche a non finire. Da un lato quelli che, fingendo di dimenticarsi delle analoghe passerelle dei passati presidenti del consiglio negli anni precedenti, hanno confrontato l’ostentazione di ricchezza ed abiti firmati con la povertà disperata di chi perderà il reddito di cittadinanza. Sul fronte opposto i tifosi meloniani, esaltati dal vedere Meloni (finalmente) vestita con eleganza e pronti a paragonare la coppia ai divi di Hollywood. Che non è un grande complimento, in realtà. Ma ai fans si perdonano anche le cadute di stile.

Per una volta, invece, Meloni non ha sbagliato nulla. La presenza alla Scala è una sorta di obbligo istituzionale. E non a caso non manca mai il presidente della repubblica in carica. Quanto all’abbigliamento, il presidente del consiglio ha finalmente rinunciato all’orrenda mise utilizzata ai vertici internazionali per affidarsi ad un marchio italiano simbolo di eleganza. Scelta non solo sacrosanta, ma anche doverosa. Nel momento in cui il capo del governo appare in pubblico in una manifestazione con risonanza internazionale, ha l’obbligo di promuovere la bellezza e la qualità della produzione italiana nel settore della moda. Dunque ben venga un abito che rappresenti l’eleganza nazionale.

Quanto alle polemiche sul lavoro e sul reddito di cittadinanza, sono altrettanto sacrosante, ma in un’altra sede ed in un’altra occasione. E infatti, mentre a Milano si assisteva al Boris Godunov, su Rete 4 andava in onda il patetico tentativo di arrampicata sugli specchi per giustificare una manovra che, legittimamente ed anche con buone ragioni, mette mano alla paghetta di stato ma che è totalmente priva di alternative credibili.

Pare che la politica del destracentro sul fronte del lavoro sia basata sulle profonde analisi dell’influencer dell’area, secondo cui per pagare mezza giornata di lavoro è sufficiente un gelato. Non una parola su come si possa sopravvivere, in una qualsiasi città del centronord, con paghe orari di 3 o 4 euro. Si glissa, si preferisce parlare a vanvera di impegno, disponibilità, buona volontà. Mentre chi è in cerca di un’occupazione prova a discutere di affitto, bollette, cibo. Ed allora diventa persino comprensibile che qualcuno si indigni per la passerella milanese non potendo permettersi non solo un cinema ma neppure una pizza o una cena casalinga decente. Fuori luogo, l’indignazione, ma comprensibile.

E quando la rabbia cresce insieme alla disperazione, poco importa se il bersaglio individuato è sbagliato. Il problema è ridurre la disperazione, non indirizzare la rabbia.

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